MARTINA DI IORIO Editor di CiboToday A pochi chilometri dal confine italiano si sviluppa una delle terre più ricche di storia nonché piene di gemme gastronomiche. Parliamo dell’Istria, regione croata che dopo Trieste si getta nel mare Adriatico, conosciuta per le sue spiagge così come per la ricchezza paesaggistica. Durante il periodo di Pasqua l’Istria, da Parenzo a Cittanova, diventa palcoscenico di fiere di paese, eventi e tradizioni gastronomiche dal forte valore folkloristico. Come la colazione pasquale servita su grandi tavoloni nelle piazze delle cittadine costiere dove si servono le tipiche pinze istriane. Un pane dolce farcito con uvetta, con un’incisione a forma di croce in mezzo e decorata con foglie d’ulivo. Una tradizione quella della pinza che trova anche spazio a Trieste e nelle città di confine, insieme ad altre varianti.
In lingua croata si chiama pinca ed è un lievitato molto semplice a sottolineare le sue origini umili e contadine. Come tanti dolci e ricette di questo periodo, collegandosi alla simbologia cristiana e alle credenze popolari rurali, la pinza veniva sfornata proprio come buon auspicio per il raccolto. Un simbolo di rinascita, legandosi alla nuova vita e dunque alla resurrezione di Cristo. La tradizione inoltre vuole che la sua forma, rotonda, possa ricordare la spugna con cui venne costretto Cristo a bere dell’aceto durante il martirio. La pinza è una pagnotta dolce, fatta con un impasto ricco di farina, uova, zucchero, latte, burro e talvolta aromatizzata con scorza di limone, scorza d'arancia o vaniglia. L'impasto è arricchito con uvetta, scorza d'arancia candita o anche di mandorle, che gli conferiscono un sapore dolce e leggermente fruttato. Durante la mattina di Pasqua nelle cittadine istriane si organizzano tavolate dove il dolce pasquale, circondato da foglie di ulivo, viene tagliato e offerto ai passanti. Ma la colazione di Pasqua istriana non comprende solo la pinza. Infatti molto simili, ma differenti per la forma, le jajarice ovvero delle trecce di pane sulla cui parte superiore viene inserito un uovo. Nella parte settentrionale dello Zagorje troverete invece il vrtanji, un tipo di pane salato fatto con l’acqua rimasta dalla cottura del prosciutto di Pasqua; oppure i bagel della Slavonija che sono dei semplici panini fatti solo da tre ingredienti come uova, farina e un po’ di sale. Tutte preparazioni che il giorno del venerdì santo vengono fatte benedire portandole con sé a messa. Anche a Trieste e al confine della Venezia-Giulia si mangiano le pinze (e non solo). Non è una novità come questi due territori, l’Istria da un lato e la Venezia-Giulia dall’altro, abbiano da sempre una fortissima connessione. Non solo storica e politica ma anche gastronomica. Così le nostre pinze le ritroviamo anche a Trieste e dintorni, proprio nel periodo delle festività religiose. La preparazione è pressoché identica: una lunga lavorazione e lievitazione poi posta a cottura dopo aver inciso un taglio a croce sulla sua sommità. Nella versione triestina mancano le uvette e viene servita come antipasto da accompagnare con spalla cotta, prosciutto e cren. Da non confondere con il presnitz, che si trova anche a Gorizia: una ciambella di pasta sfoglia arrotolata ripiena di prugne, fichi, uvetta, cioccolata, aromatizzata con rum e cannella. Senza dimenticare come proprio in questo territorio si è sviluppata una primordiale forma di colomba, come abbiamo sottolineato in questo articolo, antenato del lievitato principe di queste feste.
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AuthorsGiovanna Leopardi Year
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