Intervista esclusiva di Michael Cross a Nicola Aravecchia, PhD, professore di archeologia alla Washington University in St Louis Raramente le parole "archeologia" e "St Louis" vengono utilizzate nella stesso contesto, a meno che ovviamente non si parli di Cahokia Mounds, le strutture create dai popoli precolombiani lungo il fiume Mississippi. A parte i pochi ricercatori che si avventurano a Cahokia, St Louis non viene considerata dagli archeologi, la loro “casa”. Ecco perché è un privilegio intervistare il Prof. Nicola Aravecchia, famoso archeologo ed egittologo, proprio a St. Louis.
Raccontaci di come sei entrato nel mondo dell'archeologia? Cosa ti ha ispirato a intraprendere questo viaggio unico ed emozionante? Fin da bambino sono stato affascinato dalla storia antica, in particolare quella dell’antica Roma. Essendo cresciuto vicino a Modena, ho avuto molte possibilità di confrontarmi con le testimonianze archeologiche della civiltà etrusca e di quella romana. E anche mia madre ha svolto un ruolo molto importante nel trasmettermi l’amore per il mondo antico. Quando è arrivato il momento di iscrivermi alle scuole superiori, non ho avuto dubbi nella scelta del liceo classico, che mi ha permesso di studiare, tra l’altro, il Latino e il Greco antico, due delle mie materie preferite. Dopo la maturità, ho conseguito una laurea in Lettere Classiche all’Università di Bologna. Non solo ho approfondito la mia conoscenza delle lingue classiche, ma ho sviluppato un interesse particolarmente forte per l’archeologia, in particolare di epoca tardoantica e bizantina. Ottenuta la laurea, ho deciso di trasferirmi a Minneapolis, dove ho intrapreso un Master in arte e archeologia antica e medievale, seguito da un Dottorato di ricerca in storia dell’arte, entrambi presso l’Università del Minnesota. È stato durante la mia permanenza alla UofM che ho effettuato scavi nell’Alta Galilea, dove ho fatto ulteriore esperienza nell’archeologia di campo. Nello specifico, quando ti sei interessato all'egittologia? Anche se la mia formazione scolastica è stata incentrata sullo studio delle lingue classiche e della cultura materiale dell'antica Grecia e di Roma, sono sempre stato affascinato (come tanti di noi!) dalla civiltà egizia. Durante i miei studi di Dottorato, seguii un seminario sull'archeologia monastica dell'Egitto paleocristiano e rimasi immediatamente colpito dall’affascinante mondo del cristianesimo copto egiziano. Quello fu il momento in cui decisi di concentrare la mia formazione professionale sull’Egitto cristiano antico. Iniziai immediatamente a studiare il Copto (l'ultima fase della lingua egiziana), a seguire numerosi corsi sull’Egitto tardoantico e a partecipare a conferenze in materia. Fu durante una di queste conferenze che ebbi la grande fortuna di incontrare Roger Bagnall, stimato studioso dell’Egitto greco-romano e direttore di un progetto archeologico a Dakhla, un’oasi del deserto occidentale egiziano. Il prof. Bagnall mi invitò a partecipare ai suoi scavi nel 2005 e il resto è storia! Di quale tipo di ricerche specifiche ti occupi alla Washington University di St. Louis? Cosa insegni ai tuoi studenti? Parlaci di cosa ti ha colpito di più dei dipartimenti di lettere classiche e di storia dell’arte e archeologia della Washington University. Alla WashU ho il grande privilegio di lavorare per due dipartimenti, ovvero Lettere Classiche e Storia dell'Arte e Archeologia. Ciò mi permette di sfruttare appieno le mie conoscenze e i miei interessi, che includono le lingue classiche e l’archeologia classica e tardoantica. Un altro grande vantaggio di essere alla WashU è che posso collaborare con un vasto numero di colleghi eccezionali, sia nei miei due dipartimenti che in altri dipartimenti e programmi. I miei attuali interessi di ricerca si concentrano sulle origini delle prime comunità cristiane dell’Egitto tardoantico, in particolare nelle oasi del deserto occidentale egiziano. Mi considero molto fortunato perché ho spesso la possibilità di includere i risultati delle mie ricerche nell’ambito dell’insegnamento, ad esempio in un corso sull’arte e archeologia dell'Egitto greco-romano. Insegno anche un corso sull'arte e architettura dell’Egitto di epoca faraonica e, di recente, ho creato un nuovo corso sulle origini dell’urbanistica nel Mediterraneo antico e nel Vicino Oriente. Oltre a questi corsi, che vengono offerti dal Dipartimento di Storia dell’Arte e Archeologia, insegno anche Latino nel Dipartimento di Lettere Classiche. Non potrei essere più felice di appartenere a entrambi i dipartimenti! Sin dal mio arrivo alla WashU a inizio 2018, tutti i miei colleghi sono stati estremamente solidali, collegiali e amichevoli. Per non parlare delle numerose risorse, fondamentali per la mia crescita professionale, che la WashU mi ha messo—e mette—a disposizione e che rendono questa istituzione uno dei posti migliori in cui insegnare e fare ricerca. Vorrei anche sottolineare l’alto livello qualitativo degli studenti che frequentano la WashU. Non solo sono brillanti e motivati da un forte desiderio di apprendere, ma sono anche rispettosi, gentili e simpatici! Un anno fa hai tenuto una conferenza al nostro club "Italiano per piacere" sul tema delle tue recenti scoperte in Egitto ed in particolare sui ritrovamenti di chiese cristiane conservate nel deserto del Sahara. Potresti raccontarci le tue esperienze in Egitto, per coloro che non hanno potuto essere presenti? Hai novità interessanti da condividere con noi? Come accennato in precedenza, ho svolto ricerche sul campo in Egitto dal 2005, come membro di una missione internazionale della Columbia University (successivamente New York University). I nostri scavi si svolgono nell’Oasi di Dakhla, situata in un’area remota nel mezzo del deserto occidentale egiziano. A causa del suo isolamento geografico (circa 800 km a sud-ovest del Cairo), questa regione è stata meno soggetta all’esplorazione archeologica nei secoli precedenti. Tuttavia, negli ultimi decenni si sono susseguite numerose missioni di ricerca, che hanno scoperto testimonianze importanti sul ruolo strategico svolto dalle oasi del deserto occidentale nella storia dell'Egitto faraonico e greco-romano. Tra il 2006 e il 2010 ho lavorato, in qualità di direttore archeologico, agli scavi di ʿAin el-Gedida, un villaggio del quarto secolo d.C. dove il nostro team ha identificato un complesso ecclesiastico tra i più antichi scoperti finora in Egitto. Particolarmente significativa è anche l’identificazione del sito come un epoikion, un termine greco che si riferisce a un piccolo insediamento rurale (spesso associato a una grande tenuta agricola). Il valore di questa scoperta sta nel fatto che tale forma di insediamento è ben nota in base a numerosissime fonti documentali, ma non ne è stata trovata alcuna testimonianza archeologica fino ai nostri scavi. Oltre agli scavi di ʿAin el-Gedida, sono coinvolto, come vicedirettore archeologico, negli scavi ad Amheida, un'importante città di Dakhla risalente al quarto–quinto secolo d.C., dove sono stati trovati resti di un tempio, una scuola, una casa con ricche decorazioni parietali e perfino un vasto impianto termale. Dal 2012 sono impegnato nello scavo di una chiesa di quarto secolo con annessa cripta funeraria (la più antica scoperta finora in un contesto cristiano in Egitto). A quali progetti stai lavorando attualmente? Vuoi raccontarci qualche dettaglio a riguardo delle tue ultime avventure in giro per il mondo? Al momento, sto usufruendo di un anno sabbatico per lavorare al mio prossimo libro, uno studio archeologico e storico-artistico sulla chiesa che il mio team ha portato alla luce ad Amheida. Questa chiesa aveva caratteristiche che erano relativamente comuni nell'architettura cristiana dell'Alto Egitto nella tarda antichità, inclusa una pianta basilicale con navata centrale, navate laterali e un’abside con stanze di servizio ai lati. Notevole è il fatto che l’adozione della pianta basilicale in un’oasi remota del deserto occidentale avvenne all'incirca nello stesso periodo in cui furono costruite le prime basiliche cristiane a Roma e nel resto del Mediterraneo. Ciò suggerisce che gran parte del mondo antico era significativamente più ‘interconnesso’ di quanto si potrebbe inizialmente supporre, soprattutto considerando la lontananza geografica di alcune di queste oasi dai principali centri urbani della Valle del Nilo e del Delta egiziano. Sebbene si sappia poco o nulla delle pratiche liturgiche svolte all'interno della chiesa di Amheida nel quarto secolo, le testimonianze archeologiche dimostrano che l’edificio funse anche da complesso funerario. Questa associazione di un luogo di culto cristiano con pratiche funerarie era già nota nell’Oasi di Dakhla prima dell’identificazione di questa chiesa. Tuttavia, la scoperta di una cripta funeraria sotterranea rende la chiesa di Amheida un edificio di grande importanza. Come ho menzionato in precedenza, l’ipogeo, situato sotto la zona dell’abside (e delle due stanze laterali) è la più antica cripta funeraria cristiana ritrovata in Egitto sino ad oggi. Pertanto, la sua identificazione fornisce un contributo significativo allo studio dell'architettura funeraria, nonché delle pratiche funerarie cristiane, con particolare riferimento all’Egitto tardoantico. Sto trascorrendo il semestre autunnale del 2020 presso il Centre for Classical and Near Eastern Studies of Australia dell’Università di Sydney e presso il Dipartimento di Storia Antica della Macquarie University, sempre a Sydney. Durante la primavera del 2021, continuerò a lavorare al mio libro come Fellow a Dumbarton Oaks, un istituto di ricerca dell'Università di Harvard con sede a Washington, D.C. Questa borsa di studio mi consentirà di avere accesso a una ricchissima collezione di risorse presso la biblioteca dell'istituto e di condividere le mie ricerche con la locale comunità accademica, prima della pubblicazione finale del volume. Quali sono i tuoi progetti di scavo per i prossimi anni? Al momento, gli scavi nell’Oasi di Dakhla sono sospesi, a causa della situazione di instabilità nel deserto occidentale. Tuttavia, spero di poter riprendere il progetto in un prossimo futuro e di poter anche portare studenti della WashU in Egitto per fare esperienza di scavo. Sto anche sviluppando un nuovo progetto di ricerca in un’altra regione del Mediterraneo, in collaborazione con alcuni colleghi dell’università. Al momento, sto vagliando idee e opportunità ma non vedo l’ora di condividere maggiori dettagli con i miei colleghi e studenti della WashU e anche con i miei amici della Comunità Italiana di St. Louis! Nicola, ti ringraziamo per aver dedicato del tempo per questa intervista; è per noi stato un piacere scoprire molte curiosità riguardanti il mondo dell'archeologia. E’ evidente che tu osserva il mondo sotto un’ottica diversa. Speriamo che le tue scoperte ed i tuoi contributi alla storia del mondo non passeranno inosservati. Attendo con ansia il nostro prossimo caffè insieme.
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Fucsia Nissoli, deputata di Forza Italia eletta nella circoscrizione Nord-Centro America: "Come dico da tanto tempo, adesso che ha vinto il Sì bisognerà fare una riflessione seria e onesta sull’efficienza ed efficacia di noi parlamentari eletti all’estero." Il referendum sulla riduzione del numero dei parlamentari ha visto la netta vittoria del Sì. Il Sì alla legge che taglia il numero di deputati e senatori raggiunge il 69,96% contro il No fermo al 30,05% dei voti. L'affluenza è stata del 53,84%. Netta vittoria per il Sì anche nelle sezioni Estero. Il voto degli italiani all'estero sul referendum costituzionale per la riduzione dei parlamentari è infatti andato per il 78,7% ai Sì (673.899 voti). Ai No il 21,29% (182.251 voti).
Con la vittoria del Sì al referendum, a partire dalla prossima legislatura verranno eletti complessivamente 345 parlamentari in meno: la sforbiciata interesserà 230 deputati e 115 senatori. Queste le modifiche approvate dal referendum:
Intervista esclusiva di Michael Cross al prof. Nicola Pozzi, PhD, professore di biochimica alla Saint Louis University Ci racconti un po' su di Lei, da dove viene, del suo periodo presso l'Università di Padova e del suo viaggio a St Louis.
Mi chiamo Nicola Pozzi e vivo in St. Louis da circa 10 anni. Sono sposato con Barbara Hawatmeh e ho tre bellissime bambine, Valentina (7), Alessandra (5) e Bianca (3). La mia storia inizia 39 anni fa a Feltre, un piccolo paese di montagna ricco di storia, cultura e bellezze naturali. Feltre è posizionato ai piedi delle Dolomiti, in provincia di Belluno, nei pressi di località sciistiche rinomate come Cortina D’Ampezzo, Madonna Di Campiglio, e, allo stesso tempo, vicino a città d’arte come Vicenza, Padova, Verona e Venezia. Mia madre, Lucia Perenzin, e la sua famiglia sono “feltrini” da generazioni, mentre mio padre, Fabrizio Pozzi, e la sua famiglia sono originari da Verona e naturalizzati “feltrini”. Ho un fratello più grande, Stefano, con cui sono molto legato. Stefano vive a Feltre con sua moglie Alessia e il mio super nipote Francesco. Sono molto orgoglioso delle mie origini feltrine e delle nostre tradizioni, che sono inevitabilmente legate alla storia secolare della nostra città e del territorio. Particolarmente importanti per me sono due eventi che si celebrano ogni anno: il Palio e la Festa della Liberazione. Il Palio è una manifestazione che celebra ogni anno la consegna di Feltre alla Serenissima di Venezia, un evento storico importante per la città e i suoi abitanti. Ogni estate, ad agosto, i quattro quartieri della città si sfidano e danno spettacolo ad uno degli eventi più affascinanti a cui abbia partecipato. La Festa della Liberazione è una festa nazionale, che viene celebrata in tutta Italia. A Feltre e dintorni, però, questa festa è molto sentita perché ci ricorda il sacrificio dei nostri familiari caduti durante la Prima e la Seconda guerra mondiale per difendere il nostro territorio e la libertà. Come molti feltrini, sono cresciuto all’aria aperta, praticando vari sport tra cui calcio, ciclismo e scii. Ho avuto la fortuna di giocarne per molti anni a calcio a buoni livelli, facendone una professione, fino a che ho deciso di dedicarmi complementarmente agli studi all’ Università di Padova. A Padova, una delle più antiche e prestigiose Università’ in Europa, ho prima ricevuto la laurea in Farmacia (Pharm.D.) e poi mi sono specializzato in un’area dell’ industria farmaceutica che si chiama biotecnologia, il cui obiettivo è sviluppare bio-farmaci, come ad esempio vaccini e nuove medicine per cancro, autoimmunità, malattie cardiovascolari, etc. Dopo aver ricevuto il mio Ph.D. in Scienze Biomolecolari (i.e., Biochimica e Biofisica), mi sono trasferito a St. Louis per continuare la mia carriera di ricercatore. Sembra che Lei avesse sviluppato particolare interese per i processi chimici delle proteine. Da dove proviene la sua curiosita’ per questo campo? Da bambino, a detta di mia madre, ero molto curioso e avevo il desiderio di capire come funzionano le cose nel dettaglio. Prendevo oggetti molto semplici come sveglie, radio, lampadine, li disfacevo e ceravo di rassembrali (con poco successo). Mi sono poi appassionato, con la stessa voglia di conoscere i dettagli, allo studio del corpo umano. A quel tempo non sapevo cos’erano le proteine ma credo che la mia passione sia il frutto di quel desiderio di conoscere come funzionano le cose. Mi sono innamorato dei processi chimici delle proteine all’Università dove ho cominciato ad apprezzare la bellezza e complessità del corpo umano. Oltre all'insegnamento, di quali progetti si sta occupando all'università? Come molti professori nelle Scuole di Medicina negli Stati Uniti, la maggior parte del mio tempo lo passo facendo ricerca, la mia vera passione. In questo contesto, il mio lavoro è sviluppare nuovi progetti di ricerca, trovare i soldi necessari per far si che le idee diventino realtà e divulgare i risultati in riviste scientifiche e congressi. In generale, il mio laboratorio si interessa di capire i meccanismi che ci consentono di non sanguinare quando ci procuriamo una ferita (coagulazione) e, allo stesso tempo, di non formare coaguli quando non è necessario. Purtroppo, questi meccanismi non sempre funzionano come dovrebbero. Di conseguenza, molte persone sono a più alto rischio di sviluppare malattie molto gravi, come gravi forme di sanguinamento (emorragia), infarto cardiaco, embolia polmonare e ictus cerebrale. Ci potrebbe raccontare dei nuovi sistemi diagnostici e terapeutici che sta sviluppando per combattere i disturbi cardiovascolari e autoimmuni? Al momento, abbiamo due progetti di ricerca attivi. Il primo progetto si occupa di sviluppare dei nuovi farmaci anticoagulanti che permettano alle persone di vivere una vita normale, senza doversi preoccupare di effetti collaterali molto gravi e debilitanti, come il sanguinamento. Oggi, questo tipo di farmaci non esiste. Il secondo progetto ha come obiettivo quello di capire il motivo per cui alcune persone sviluppano inaspettatamente dei coaguli in assenza di fattori di rischio conclamati, come ad esempio malattie genetiche, ipertensione, diabete, etc. Negli ultimi anni stiamo studiando una malattia autoimmune che si chiama sindrome da anticorpi antifosfolipidi, o più semplicemente APS. Mentre gli anticorpi sono importanti e necessari per proteggere il corpo da infezioni, gli anticorpi antifosfolipidi attaccano delle proteine che contribuiscono nel mantenere il sangue fluido, e questo li rende molto pericolosi. Il nostro lavoro consistente nel capire perché e come gli autoanticorpi antifosfolipidi aumentano il rischio di trombosi, e, allo stesso tempo, nello sviluppare delle metodiche che ci consentano di diagnosticare e trattare in modo tempestivo i pazienti a rischio. Grazie ad alcune scoperte fatte di recente, ora stiamo sviluppando dei nuovi test diagnostici e abbiamo nuove idee per combattere questi tipi di autoanticorpi. Spero che il nostro lavoro possa aiutare molti pazienti in futuro. |
AuthorsGiovanna Leopardi Year
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