MICHAEL J CROSS President of St Louis - Bologna Sister Cities Caroline Williard is a professional seamstress well known for her elegant dresses in fashion shows and pageants across the U.S. Prior to the COVID-19 pandemic, creating face masks probably wouldn't have crossed her mind and making Italian Tricolore face masks would have most likely been considered a joke. In fact, creative face masks were almost nonexistent before the virus. Yet here we are. Today, one can find masks in every color, size, and with every pattern imaginable.
Three weeks ago, what began as a fun experiment for Caroline, has led to a steady stream of business. She began creating custom masks with various themes for a few friends. When a friend inquired about making a Italian tricolore mask, she agreed to make a few not knowing there would be such a great demand for them. Since then, just in the past couple weeks, she has sold over 150 Italian Tricolore masks to individuals and companies from Philadelphia to Los Angeles and everywhere in between. Around St Louis, the face masks have been popping up everywhere. Ionia Atlantic Imports, an importer of Italian wines, purchased the masks for all their employees. They can be seen delivering wines showing off the colors of the Italian flag all around the city. 15% of Caroline's sales are being donated to the St Louis - Bologna Sister Cities, a non-profit organization which fosters mutually beneficial relations in economic development, education, art, and culture between St Louis and Bologna. It is often during the most difficult times that individuals like Caroline become the most generous. On behalf of the entire Italian community in St Louis, and in particular, of the Sister Cities organization, we wish to thank Caroline for her generosity and wish her the best of success in her profession.
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CHIARA ARGENTERO - Italiani Ovunque Una voce portentosa e una passione per la musica lirica ereditata dalla mamma e dal nonno fanno di Benedetta Orsi, mezzosoprano bolognese trapiantata negli Stati Uniti, un talento italiano di quelli che incantano il pubblico d’oltre Oceano. La cantante è diventata mamma in piena pandemia, con tutte le difficoltà del caso.
Una formazione tutta italiana la sua: diplomata in Canto Lirico al Conservatorio di Modena e studente al tempo stesso dell’Accademia Filarmonica di Bologna ha frequentato anche Master Class europee con mezzo soprani del calibro di Teresa Berganza in Spagna. La sua passione, nasce da piccola, all’età di quattordici anni frequentando la scuola bolognese di Tania Bellanca, che riproponeva spettacoli di Broadway in lingua originale. Il primo approccio è con la musica pop e il teatro, ma Benedetta come spesso le dicono i suoi insegnanti, è molto dotata e un talento “sprecato” per quel tipo di musica. Più di uno le propone la lirica, che si adatterebbe meglio alle sue capacità. La vera chiave di volta per la sua vita artistica la deve alla mamma che è sempre stata una fervente frequentatrice dei teatri e una grande amante della musica classica. Così, davanti a una giovane adolescente incerta sul suo futuro e completamente a digiuno di opere teatrali, mamma Orsi decide di portarla alla Scala di Milano a vedere “La Traviata” di Verdi diretta da Riccardo Muti. Ricorda: Finito lo spettacolo ho detto: se io ho anche un’unica possibilità nella mia vita di fare qualcosa sul palcoscenico è quello ciò che voglio fare. Gli esordi e l’approdo a New York Dopo il diploma al conservatorio, Benedetta Orsi inizia a interpretare molte opere di musica sacra, soprattutto nel nord Italia: Modena, Parma, Milano. La sua carriera prende il volo però a Manchester debuttando nei ruoli delle tre grandi regine donizettiane: “Anna Bolena”, “Maria Stuarda” e “Roberto Devereux” per tre anni consecutivi. Il suo centro però è sempre Bologna. In Inghilterra rimane il tempo delle produzioni per poi tornare in Italia e riprendere le interpretazioni sul territorio nazionale. Dice: La mia base è stata Bologna fino al 2009, quando poi si sono aperte le porte degli States grazie ad un concorso che ho vinto, che mi ha permesso di rimanere a New York per quattro mesi con un visto lavorativo. Qui ho fatto il mio primo debutto alla Carnegie Hall insieme alla fondazione Alexander & Buono International. La Carnegie Hall, per Benedetta rappresenta non solo il sogno di una vita, ma anche un vero e proprio trampolino di lancio per la sua carriera che da lì in poi si sviluppa nella Grande Mela. Grazie infatti alla sua interpretazione, la stessa fondazione decide di assumerla come collaboratrice, figurando come sponsor per l’ottenimento del visto lavorativo a lungo termine. Per i successivi quattro anni la mezzosoprano bolognese calca i principali teatri di New York e Miami. L’importanza della lingua italiana nell’opera Oltre ad esibirsi in scena, Benedetta Orsi ricopre anche un ruolo come insegnante di dizione italiana rivolta ai cantanti per la Fondazione con la quale collabora. Dice sorridendo: Uno penserebbe che sia scontato per un cantante approfondire una lingua, anche se non è la sua per interpretare un’aria. Invece non è così. Ci sono molti artisti che non hanno la più pallida idea di che cosa cantino, non solo in America, anche in Italia. Il suo essere italiana doc le permette di aiutare tanti colleghi ad affrontare il palcoscenico nel modo adeguato. Grazie a questo lavoro scopre anche la sua passione per l’insegnamento e, dopo aver ricevuto tanto dai suoi maestri di canto nel tempo, è felice di poter restituire ad altri allievi lo stesso entusiasmo. Galeotta fu la Carmen di Bizet Nel 2017, Benedetta Orsi ottiene un contratto per interpretare la “Carmen” di Bizet a Saint Louis, dove si ferma un mese per il debutto. Qui conosce un giovane Direttore d’Orchestra domenicano, Darwin Aquino con cui è un immediato colpo di fulmine. La sintonia che si instaura tra i due mette in moto una serie fortunata di conseguenze lavorative che si traducono in offerte quasi immediate sia da parte della compagnia teatrale, sia da parte dell’Università Statale del Missouri. La scelta di trasferirsi definitivamente a Saint Louis è spontanea e immediata. Dopo un breve ritorno a New York, Benedetta e Darwin decidono di stabilirsi insieme a Saint Louis. Si sposeranno a Santo Domingo l’anno successivo. Un cambiamento incisivo Il passaggio da New York a Saint Louis è molto netto, ma non per questo meno positivo. Spiega la mezzosoprano: A New York ogni giorno è una sfida per mantenere il posto di lavoro, per trovare nuove realtà con cui collaborare. Il bacino di cantanti che quotidianamente affollano i casting è sorprendente. Mentre Saint Louis ha una realtà musicale bellissima e a misura d’uomo: ci sono teatri, un’orchestra sinfonica, una filarmonica, tre teatri d’opera e c’è moltissimo lavoro sotto il profilo musicale. È stato un po’ tornare indietro a quello che mi mancava. Ricorda molto l’Italia. Ho ritrovato la dimensione della casa e la serenità delle quattro mura. Benedetta Orsi continua stabilmente il suo lavoro in Università insegnando canto lirico e dizione, e parallelamente ha il suo studio dove insegna canto privatamente. Non mancano le apparizioni sui palcoscenici importanti, che rappresentato sempre il fulcro della sua passione. Dal teatro d’opera alle incisioni dei dischi Nel 2015 Benedetta ha inciso il suo primo album solista dal titolo “Christmas around the world” che rappresenta un mix di generi dal classico al jazz, L’album viene candidato ai Global Music Award California dove riceve due medaglie d’argento. Dopo il successo del primo disco, nel 2019 la mezzo soprano viene contattata per registrare un altro album questa volta dedicato all’amore, dal titolo evocativo “La Vox d’amour”, una raccolta di arie d’opera e da camera francesi e che questa volta viene candidato per ben 3 medaglie ai Global Music Award. L’amore ancora una volta è l’ingranaggio che porta dei cambiamenti nella vita di Benedetta Orsi, la sua relazione con Darwin, evolve anche sotto il profilo artistico, regalando alla sua voce una tonalità ancora più dolce e matura di prima. Dice: Qualsisia persona completa con un’altra metà, raggiunge una maturità e un livello emotivo che si manifesta nello stesso tempo necessariamente anche nella musica. Le differenze con l’Italia Il suo grazie più grande, Benedetta lo deve alla sua famiglia, che sin dagli inizi l’ha sempre spinta a provare, sperimentare e andare dove c’erano possibilità concrete di carriera. Dice: Purtroppo l’aspetto negativo del nostro lavoro è che ci vogliono grandi disponibilità economiche. Soprattutto se le possibilità lavorative si manifestano all’estero, è indispensabile all’inizio avere le spalle coperte. Il primo scoglio da superare spesso è l’accesso alle selezioni Partecipare ai concorsi canori in Italia costa moltissimo, in alcuni casi parliamo di centinaia d’euro, mentre in America il costo massimo per un’audizione è di 35 dollari, alle volte è solo richiesto un contributo per il pianista. I giovani negli Stati Uniti hanno la possibilità di sperimentare molto di più, di farsi conoscere con più facilità e di approdare sul palcoscenico, in Italia questo è un processo più difficile e non sempre alla portata di tutti. Il sogno italiano L’orizzonte più immediato si è concretizzato da pochissimo e rappresenta senza dubbio una delle sinfonie più belle che Benedetta e Darwin abbiamo composto insieme: la nascita del loro primo figlio. Un grande rimpianto di Benedetta Orsi, da sempre innamorata dell’Italia, è quello di essersi espressa poco nel Paese del Bel Canto, la sua carriera è esplosa all’estero, ma il suo sogno nel cassetto è interpretare “Sansone e Dalila” alla Fenice di Venezia. Dice: Siamo entrambi innamorati del clima Europeo, abbiamo lavorato molto in Germania, Francia e Inghilterra. E ovviamente siamo innamorati dell’Italia, se ci fosse un’occasione lavorativa interessante per rientrare, la prenderemmo al volo. L’arrivo del primo figlio in piena pandemia Covid-19 Di certo il momento storico rende un po’ più complicata la realizzazione dei sogni della mezzo soprano italiana perché anche negli Usa sono numerose le restrizioni legate alla pandemia, che ha messo in ginocchio moltissime realtà locali e debilitato fortemente tutte le attività legate al mondo dello spettacolo. Dice Benedetta: Purtroppo a causa del covid19 molte attività musicali sono state cancellate o posticipate: quest’estate mi avrebbe visto coinvolta in una serie di concerti con l’orchestra per il lancio del mio nuovo album qui in America, ma purtroppo al momento tutto è stato sospeso. Ancora in forse gli eventi a partire dai primi di ottobre, anche se si parla già di un possibile concerto “virtuale” anziché aperto al pubblico. Posticipate anche le attività corali per le quali l’orizzonte sembra ancora più lontano. Anche Benedetta Orsi, che è una delle principali coriste del Women’s Hope Chorale, deve accettare le decisioni del governo di rimandare il debutto della Messa Jazz a St. Louis che doveva tenersi a maggio, a novembre, con la speranza che non venga rinviato nuovamente. Ma oltre alle limitazioni professionali, Benedetta è stata colpita personalmente dalla pandemia. Lo scorso 2 aprile infatti ha dato alla luce il suo bambino, con parto cesareo, in un clima surreale. Racconta: Per fortuna il boom del virus non era ancora arrivato a St. Louis e così mio marito ha potuto assistere e starmi accanto, ma ogni mattina c’erano continui check per essere sicuri che non avessimo febbre o sintomi, non si poteva lasciare la stanza ed il personale infermieristico era ridotto. Ma il difficile è arrivato quando ci hanno comunicato che mi avrebbero mandato a casa dopo nemmeno 48 ore dall’intervento: trovarci a casa, soli con un neonato, senza nessun aiuto ed io senza potermi muovere dal letto è stato difficile. Quando dopo due giorni ho avuto alcune complicazioni, ho dovuto decidere se andare al pronto soccorso (cosa sconsigliata dalla mia ginecologa vista la possibilità di contrarre il coronavirus) o stare a casa sperando che non fosse niente di grave. E per fortuna cosi è stato. Il dispiacere più grande è stato non poter avere i miei genitori vicini. Avevano pianificato di venire in America fino alla fine di aprile, poi ovviamente hanno dovuto rinunciare per il lockdown. Trovo che la cosa più terribile del Corona Virus risieda nella privazione degli affetti più cari, l’impossibilità di stare accanto alle persone che amiamo. Benedetta però oggi ha una forza in più che le arriva proprio dal suo piccolo Riccardo e dalla gioia di essere ormai una mamma a tempo pieno e guarda con positività al domani, con la certezza che anche dalle situazioni critiche può nascere un mondo migliore in grado di farci apprezzare davvero le sorprese che ci riserva la vita. STEFANO VENDITTI - CAMPOBASSO.IT
Studentessa, sportiva, fotografa, atleta di primo piano. Sono solo alcune delle mille sfaccettature di una giovanissima campobassana che con il suo carattere e la sua determinazione sta conquistando l’America. La città a stelle e strisce di Saint Louis, infatti, è da qualche mese la sua nuova realtà. Dove sta affinando le sue abilità e i suoi diversi talenti sportivi e professionali. Una ragazza che ha ben chiaro i suoi obiettivi e il suo percorso formativo. Che ha accettato una vera e propria sfida in un momento cruciale per la sua crescita umana e professionale. Ilaria Marino è partita per l’America con il preciso intento di fare un salto di qualità. Un salto di qualità nel suo percorso personale ed umano e di studentessa. Una scelta coraggiosa e determinata che da sempre ha ricevuto l’appoggio della sua famiglia. Famiglia che ha sempre rappresentato per lei le basi solide sulle quali costruirsi come donna, come professionista, come sportiva. Una ragazza d’oro pronta a conquistare il mondo grazie alla sua cordialità e alla sua estrema determinazione. Una giovane campobassana che sta portando in auge il buon nome della sua città natale Campobasso e dell’intero Molise. Un ambasciatrice della “molisanità” in una terra che può offrire tanto ad una ragazza con un talento fuori dall’ordinario. Come quello che Ilaria ha nel suo Dna. Ilaria fa parte di quella generazione di giovani campobassani che fuori dai confini regionali e nazionali stanno ottenendo il meritato riscontro al loro talento. Presentati sia come atleta sia come studentessa Il mio nome è Ilaria ho 17 anni, compiuti da pochi mesi, e abito a Campobasso, città in cui sono nata e cresciuta. Quando si tratta di parlare di me è sempre abbastanza difficile, forse perché non so mai bene quale delle tante sfaccettature di me raccontare. Mi piacerebbe iniziare con cosa mi rende felice nella vita, che può sembrare abbastanza banale, ma non lo è affatto. Si tratta come prima cosa della mia famiglia, che mi ha sempre supportata in ogni scelta, anche la più pazza, e nonostante tutto riesce sempre a sorprendermi senza deludermi mai. Sin da quando andavo alle elementari non posso negare che mia madre mi ha sempre aiutata e appoggiata in ogni difficoltà, ed è anche a lei che devo il mio attuale stile di vita del non arrendersi mai. Successivamente ho desiderato sempre di più di poter fare le cose autonomamente. Mio padre anche se impegnato con il lavoro, è sempre stato presente, e ogni suo momento libero lo passa con me e mio fratello coinvolgendoci in attività di famiglia. All’età di 10 anni, dopo aver praticato danza classica e nuoto, mi sono avvicinata al mondo della ginnastica ritmica presso la società ASD Ritmica JAD, lo sport che mi ha cambiato la vita. Se non fosse stato per mia madre che quella sera mi chiese ‘Allora ti va di provare?’ probabilmente non avrei mai messo piede in quella palestra e ora non sarei la persona che sono. La ginnastica ritmica non mi ha formato solamente a livello atletico, bensì soprattutto a livello caratteriale e umano. Mi ha insegnato valori importantissimi, che mi porterò dietro per il resto della vita. Anche per merito della mia allenatrice Enza Fusco che mi è sempre stata vicina durante questo percorso. Questo sport insieme alla scuola durante la settimana sono sempre state le cose che hanno occupato la maggior parte del mio tempo, ma non mi è mai pesato più di tanto, perché mi hanno sempre appassionato entrambe. Di solito dedico il weekend alle uscite con i miei amici e un po’ di svago. La scuola che frequento è il liceo linguistico, studio inglese francese e tedesco, e credo che non avrei potuto fare scelta migliore di questo indirizzo. Nel mio tempo libero una passione che coltivo sin da quando ero piccolissima (grazie a mio padre) è la fotografia, è ciò che mi piace di più in assoluto insieme al cinema. Provo sempre a trasmettere emozioni attraverso le mie fotografie, e quando ci riesco è una gioia immensa. In genere fotografo tutto ciò che mi colpisce e che possa creare un momento perfetto. Ho sempre cercato di unire fotografia e sport, per questo motivo amo scattare anche durante competizioni sportive, come il Giro d’Italia (il ciclismo è uno sport che mi appassiona tantissimo) o tutte le gare di Ginnastica Ritmica, della mia società e non solo, ma quella più importante è stata i Mondiali che si sono tenuti a Pesaro nel 2017. Sto coltivando questa passione, e mi piacerebbe imparare sempre di più, infatti ho partecipato a diversi corsi, workshop, e concorsi fotografici. Difatti durante gli studi nella scuola americana, ho scelto e frequentato la classe di fotografia, in cui è stata allestita una mostra alla fine del semestre e sono state aggiunte diverse delle mie fotografie scattate durante l’anno con la macchina fotografica analogica. L’opportunità di partire per Saint Louis come si è concretizzata? Sin da quando ero bambina sono sempre stata definita come ‘una sognatrice ad occhi aperti’, ho sempre desiderato di poter vedere la città di New York, e studiare in una ‘scuola con gli armadietti’, crescendo però ho avuto sempre di più il desiderio di realizzare qualcuno dei miei tanti progetti. Trovandomi in un liceo linguistico e in vista di una scelta futura di una ipotetica università, frequentare il quarto anno in una High School americana mi è sembrata un’opportunità da non poter perdere. Durante il secondo e il terzo anno di scuola superiore ho iniziato ad informarmi su tutti i possibili modi per frequentare un anno di studi all’estero, e finalmente ad agosto del 2019 all’età di 16 anni dopo un anno di preparazione, ho lasciato l’Italia. Molti tuoi coetanei avrebbero molti timori ad affrontare un periodo formativo così lungo e lontano da casa. Cosa ti aspetti da questa opportunità di studio e immagino di crescita esponenziale? Beh, in effetti mi sono sentita dire da molte persone che fossi pazza, coraggiosa, responsabile o tanto altro e probabilmente ero un mix di tutto questo. Personalmente credo solo che prima o poi dobbiamo separarci dalla nostra vita di sempre, dai nostri genitori, dalla nostra ordinarietà. C’è chi se ne va di casa prima, chi molto tardi e chi addirittura non se ne va. Io ho deciso che per un anno avrei voluto vivere una vita diversa, lontano dal posto che mi ha vista crescere, conoscere nuove persone, immergermi in una cultura a me sconosciuta, e vedere con i miei occhi com’è questo paese di cui tutti parlano. Posso solamente dire che questo anno in America mi ha completamente fatta crescere e diventare una nuova persona, mi sono ritrovata completamente sola a vivere situazioni a cui, se fossi rimasta in Italia, non avrei neanche mai pensato. Sicuramente mi aspetto una crescita a livello didattico e culturali; sociale, per il larghissimo raggio di relazioni e rapporti in tutto il mondo creato sia prima sia durante questa esperienza; ed infine una crescita a livello personale, che come ho già accennato, ha portato ad un’indipendenza e autonomia, che caratterizzano oramai la mia quotidianità, e un modo totalmente nuovo di vedere le cose. L’America vista dagli occhi di una giovane ragazza campobassana, puoi descrivercela? Appena scesa dall’aereo a New York non avevo realizzato di essere effettivamente lì e mi sembrava di vivere in un sogno, come lo era stato per tanti anni. Se potessi descrivere con una sola parola gli Stati Uniti sarebbe: ‘grande’, infatti la mia prima impressione arrivata a St. Louis è stata che tutto fosse enorme, dalle strade alle case, dagli edifici ai negozi, dalla bottiglia del latte al bicchiere, qualsiasi cosa è più grande del normale. Stando all’estero mi sono accorta anche di quanto magnifica e meravigliosa sia l’Italia, e di quante cose gli altri paesi mancano. La differenza più evidente è sicuramente la scuola. Gli studenti passano la maggior parte della loro giornata a scuola, e la loro vita gira tutta intorno ad essa. Gli edifici scolastici oltre ad essere spaziosi e in continua manutenzione, offrono l’opportunità di praticare diversi tipi di sport o unirsi ai club pomeridiani, di qualsiasi classe che si può studiare anche durante le lezioni la mattina riguardante qualunque campo: scienza, informatica, lingue, arte, teatro, musica…ovviamente la scuola predispone di laboratori ed aule enormi in grado di poter praticare ogni materia citata (e non solo). Dagli occhi di una diciassettenne di una piccola realtà come Campobasso ho notato che a livello economico anche le piccole cittadine degli Stati Uniti funzionano in modo eccezionale, soprattutto per l’efficienza nelle infrastrutture spaziose e sempre in continuo cambiamento. Inoltre la tecnologia è presente nella quotidianità, e molto di più rispetto a come la utilizziamo noi, ad esempio, alcune persone fanno la spesa completamente online. Per quanto riguarda le persone, posso dire che sono tutte sempre gentili e sorridenti, all’inizio mi sembrava strano che gli estranei si dicessero ‘buonasera’ tra loro, ma poi mi sono abituata, e ho capito che gli americani sono fatti cosi, sono sempre cortesi anche se la loro giornata magari è stata la peggiore della loro vita. Parallelamente oltre a studiare stai avendo la possibilità di migliorarti anche dal punto di vista sportivo e della ginnastica ritmica? Per quanto riguarda lo sport, la Ginnastica Ritmica non è uno molto diffuso a differenza della Ginnastica Artistica, Cheerleading o danza, ma ho avuto la possibilità di poter sperimentare e provare due nuovi sport non molto praticati in Italia. La mia scuola americana, la Parkway Central High School, ha una vasta scelta di sport che cambiano in ogni stagione, io durante la ‘Fall season’ cioè la stagione dell’Autunno ho avuto il piacere di entrare nella squadra JV di Softball, uno sport simile al Baseball ma solamente per le ragazze, ed è stata un’esperienza fantastica, la nostra squadra era molto affiatata e ci vogliamo ancora bene, e i coach erano bravissimi. Rispetto alla ginnastica ritmica questo sport è molto molto diverso, ma ho avuto il piacere di provare una cosa nuova che mi ha riempito il cuore di ricordi stupendi che porterò sempre dentro di me. Sport ancora più diverso, durante la ‘Spring season’ ovvero stagione di Primavera, Lacrosse: uno sport che mi è piaciuto tanto ma che ho potuto praticare solamente per un mese a causa delle chiusura delle scuole. L’emergenza coronavirus, puoi dirci come segui gli sviluppi in Italia? Quando andavo a scuola, prima che la chiudessero, il mio professore di Government ci faceva vedere in ogni lezione dei video aggiornamento di ciò che succedeva ogni giorno in America e nel mondo. Per quanto riguarda il periodo in cui è iniziata la quarantena sono in continuo contatto con la mia famiglia e seguo le notizie online. E in America, a Saint Louis la situazione attuale? Ha modificato la tua routine quotidiana? Nella città di St. Louis per ora la regola sarebbe di stare a casa e uscire solamente per le emergenze come fare la spesa o comprare farmaci. I controlli non sono così severi come in Italia, quindi le persone sono ancora libere di circolare senza conseguenze penali. La mia routine quotidiana è stata completamente stravolta, prima uscivo di casa alle 6:30 e rientravo intorno alle 18:00, e durante la giornata andavo a scuola, e successivamente agli allenamenti. Mi piace stare in mezzo alle persone, e tutto ad un tratto mi sono ritrovata a non fare più le cose che facevo prima, come tutti ovviamente, e a non poter vedere più i miei amici studentessa e i professori. Ho iniziato a seguire i corsi online della scuola americana di giorno, e quelli della scuola italiana di notte. Durante i prossimi mesi avrei dovuto concludere questa esperienza, con il Prom (il ballo di fine anno) e la Graduation finale. Mi sarebbe piaciuto molto poter concludere al meglio questo percorso, ma è andata così e ora la mia speranza e il mio augurio è solo che tutto ritorni alla normalità! Come si è organizzata Saint Louis per fronteggiare il coronavirus? Attualmente tutti i negozi e gran parte dei parchi sono chiusi, i ristoranti sono aperti solamente per prendere il cibo nel posto e mangiarlo a casa o per consegna a domicilio. In Italia gli studenti sono tutti in modalità a distanza online con i loro rispettivi percorsi formativi, tu? Come ho già accennato sto frequentando la scuola americana online di giorno, eseguendo i compiti di ogni classe, i professori sono in continuo contatto con noi attraverso delle domande o questionari online in cui ci chiedono in continuazione come sia il nostro umore e cosa facciamo durante la giornata. Di notte mi collego con la scuola italiana in video lezione per seguire tutto ciò che stanno trattando al momento. Terminata questa esperienza pensi che l’America possa far parte del tuo futuro di studentessa e di sportiva? Probabilmente sì, probabilmente no. Non sono ancora sicura di ciò che vorrò fare terminati i miei studi alle scuole superiori, magari qualcosa che riguardi la fotografia, il cinema, l’arte. Come atleta spero di poter continuare a praticare sempre sport, perché è ciò che mi fa stare bene e mi libera da tutti i pensieri. Come studentessa credo ci sia ancora un po’ di tempo per pensarci, ma spero che riuscirò a trovare ciò che più mi piace e che mi possa appassionare per il resto della vita. |
AuthorsGiovanna Leopardi Year
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