Dr. Elizabeth Bernhardt, Current Lecturer of Italian Language and Women’s and Gender Studies at Saint Louis University; previous lecturer of Italian History at the University of California in Rome and of Art History at the Liceo Classico Giulio Cesare in Rome Come potrei contribuire alla cultura guatemalteca dell’America Centrale? Con ciò che segue desidero soltanto condividere alcune cose interessanti imparate recentemente—e dal vivo, ma davanti ad un ostacolo: la lingua spagnola! Come sapete…rispetto alla nostra lingua sembra simile ma è in realtà un’altro paio di maniche! Invito quindi commenti e chiarificazioni da lettori que hablano español e che magari conoscono meglio di me questo paese eccezionale.
Diversi mesi fa mia sorella mi ha invitato insieme ai nostri figli a fare un viaggio di 10 gg a … La Antigua! Di solito noi quattro studiamo arte di tutti i tipi quando siamo in viaggio ovunque nel mondo—essendo lei una pittrice e io una studiosa di cultura e storia e i nostri figli artisti in formazione. Con questo viaggio la nostra intenzione principale era di conoscere meglio la produzione di huipiles—le camice tessute e ricamate a mano dalle donne indigeni d’origine Maya, una produzione attiva che ha le sue origini nell’epoca ben prima del contatto con gli europei. Abbiamo accettato l'invito malgrado il fatto che al momento della partenza sapevamo che COVID-19 era in arrivo… tutti i giorni guardavamo la sua diffusione in Italia e sapevamo quanto velocemente si muoveva. Siamo partiti immaginando che sarebbe arrivato in Guatemala proprio durante il viaggio ed infatti è andato cosi. A causa del virus stiamo stati a La Antigua per tre mesi interi, fino all’inizio di giugno, pochi giorni fa… Abbiamo vissuto in un hotel chiuso al pubblico dove siamo stati gli unici ospiti tranne un uomo anziano che viaggiava in America latina da quattro anni. Malgrado la chiusura, lavoravano li ancora circa trenta persone, soprattutto giardinieri… e infatti abbiamo potuto godere un enorme giardino meravigliosamente pieno di fiori e piante gigantesche: philodendron monstera, heliconie di vari tipi, strelitzie nicolai, e tante piante colorati di cui non conosco ancora i nomi. Nel giardino vivono due pappagalli “guacamaya” che hanno 35 anni ciascuna, si chiamano Lola e Pepa, e ci salutavano con “hola” quando passavamo nelle vicinanze. Mangiavamo piatti tipici guatemaltechi e pure piatti italiani—tutti fatti con prodotti freschissimi della zona. E se facevamo una passeggiata nel giardino la frutta letteralmente ci cascava in testa cadendo dagli alberi. A causa dell’assenza dei conservanti in questi cibi freschi e locali, sono felice di dire che ci siamo sentiti tutti molto meglio. La nostra pelle è letteralmente cambiata. Nel mio caso la mia eczema, che mi rende pazza di solito, è scomparsa a 100% perché sono riuscita solo lì ad eliminare i conservanti e gli ormoni aggiunti nei cibi che si consumano nei paesi del “primo mondo” che causano questo disturbo. Vivevamo in modo più semplice e naturale, mangiavamo in modo biologico e locale per forza. Tra l’altro facevamo il bucato a mano col sapone locale (come le donne fanno all’aperto nelle piazze in tutto il paese) e stendevamo il nostro bucato all’aperto come fanno loro—e come si fa dappertutto in Italia. Abbiamo potuto visitare la città mentre era ancora “viva” per un paio di giorni prima della sua chiusura totale. Questa cittadina colorata sembrava familiare pure anche se non ci eravamo mai stati prima…sembrava avere molto in comune con la cultura e la storia italiana che ci faceva sentire proprio a casa. Visualmente la città sembra italianissima. Non è difficile credere che la sua pianta urbanistica fosse disegnato da un romano, Giovanni Battista Antonelli, nel lontano 1524. La piazza principale, Plaza Mayor, si trova all’incrocio delle strade principali, come un cardo incrociato da un decumano. Nella Plaza Mayor c’è una fontana di donne, La Fuente de las Sirenas, creato da Diego de Porres nel 1739—e dicono che sarebbe stata basata in parte sulla fontana di Nettuno in Piazza Maggiore a Bologna creato da Giambologna nel 1565—e infatti sono simili (e scusate per queste due foto qui sotto delle due fontane che non sono mie—mentre tutte le altre qui e diverse altre sul mio Instagram sono state scattate da me). Come in Piazza Maggiore, attorno alla plaza d’Antigua si presentano grandi palazzi formali con colonne e portici, e poi c’è l’enorme Cattedrale di San José (San Giuseppe). Tutte le case d’Antigua sono costruite in uno stile “coloniale” oppure “spagnolo” e significa che si assomigliano alla fine tantissimo ad alcune case in Italia. Sono case di un piano ciascuno e hanno atri cioè patios che servono come fonti d’acqua, luce, e bellezza con piante e fiori tropicali e con le camere costruite attorno ad essi (e sotto i portici interni). Guardando sopra le case si vedono vulcani giganteschi che sembrano di sorgere subito fuori città. Uno di questi vulcani, Fuego, è attivo e rende l’esperienza visuale vicina a quella di Pompeii. Antigua è piena di chiese e d’ordini religiosi che conosciamo nelle città d’Italia. Non so se siano ancora attivi ma esistono oltre trenta conventi dei vari ordini quali le Clarisse, i Francescani, la Compagnia di Gesù, i Cappuccini, ed altri. Molte chiese si trovano in uno stato di rovine a causa del terremoto del 1713 che le ha distrutte. I fedeli le hanno ricostruite—ma dopo il secondo terremoto forte del 1773 hanno scelto piuttosto di lasciarle stare e quindi quello che vediamo oggi sono spesso grande strutture barocche con tetti crollati e i detriti dei loro colassi ancora per terra nelle vicinanze—qualche volta ancora nelle nave e cappelle. Rimane scioccante vedere monumenti importanti in un tale stato pure se in Italia ci siamo abituati a vedere varie rovine—come tante zone dei monumenti antichi a Roma oppure come a Palermo dove di recente ho visitato la Chiesa (senza tetto e in rovine) di Santa Maria dello Spasimo. Una pratica antica, della tessitura, sembra una cosa molto familiare alla cultura italiana d’una volta—ma qui questa pratica femminile “pre-colombiana” è tutt’ora in vita, anzi rimane l’attività principale di molte donne. Come in Italia nei tempi passati, la tessitura è praticata da donne di tutte le classi sociali e da tutte da quando sono piccole ed è un’arte imparata in famiglia dalle nonne, mamme, zie, e sorelle più grandi. È comune per le donne di creare tessuti per se stesse e per le loro famiglie—fanno soprattutto huipiles (camicie commode quadrate o rettangolari e fatte di cotone) ma pure cortes (gonne), borse, coperte, tovaglioli, cinture, ecc. Abbiamo incontrato diverse donne che passano un paio d’ore ogni pomeriggio con i loro telai, e sono telai portatili ed originali (un tipo che non penso di aver mai visto nella storia europea), che viene attaccato ad una specie di cintura alla vita loro e poi ad una colonna del patio se stanno a casa o ad un albero se stanno fuori casa. Queste artigiane inventano disegni complicati in testa che loro paragono alla composizione d’un puzzle matematico; hanno la capacità incredibile di realizzare forme colorati di vari animali, oggetti e simboli in modo regolare sulle tele. I loro simboli includono: quetzales (l’uccello nazionale che si trovano nelle foreste fresche di certe altitudini), l’anfora (che rappresenta le idee che si versano fuori dalla mente di ogni donna che tessa), fiori, colibrì, leoni, serpenti, diamanti, forme astratti, coppie di galli e galline, e molt’altro. Ogni pueblo in Guatemala ha il suo disegno (oppure diversi suoi disegni) immediatamente riconoscibile da tutti e in tutto il paese; in altre parole identificare la provenienza delle tele portate identifica pure la provenienza delle donne che le indossano—tranne il mix di vestiti portate di alcune donne attive nel mondo della politica che portano una varietà di elementi tessili di vari pueblos per rappresentare tutte le donne indigene, cioè tutte del mondo pan-Maya. Poi è utile sapere che Ixchel è il nome della dea Maya che aiuta le femmine a fare tante cose nel loro mondo, incluso la tessitura. Gli italiani sono venuti qui fin dal Cinquecento e soprattutto nell’Ottocento quando migliaia d’immigranti sono arrivati da tutta la penisola. Oggi malgrado la chiusura di tutto per il virus si notano le organizzazioni italiane in città come la "Sociedad Dante Alighieri Club Cultural” e nella capitale un grande “Istituto di Cultura Italiana.” Ci sono pubblicità nei giornali locali per lezioni di lingua italiana con docenti di madrelingua. Ad Antigua ci sono parecchie ristoranti con nomi italiani: La Pasta Nostra, Tre Fratelli, Osteria da Francesco, Santo Spirito, Caffè Mediterraneo, La Toscana, Pizzeria Napoli, Mamma Roma, ed altre. Vorrei aggiungere che tutti i ristoranti e bar italiani (e tutti gli altri presenti) che preparano pasti da portare via usano per legge una specie di “plastica” che sarebbe invece un materiale 100% biodegradabile, e che sacchetti di plastici ed altri tipi di plastici di mono-uso sono rari se non impossibili a trovare. L’Italia proibisce l’uso di molti oggetti plastici e la gente è molto sensibile alla loro diffusione. Per esempio nella scuola media di mia figlia a Roma la plastica mono-usa è stata vietata da anni sulla sua proprietà ma la Guatemala è molto più avanti rispetto alle norme italiane (e non ne parliamo rispetto alla situazione nel Missouri dove il governatore dello stato e i nostri rappresentanti a Washington rifiutano di creare leggi che tutelano l’ambiente contro i danni delle produzioni della plastica). Quindi alla fine ci sono tante tracce italiane ad Antigua: la pianta urbanistica e il modo di costruire le case, le chiese, ed i conventi; la religione e la venerazione dei santi poi l’enorme festa della Settimana Santa; la lingua spagnola derivata dal latino che spesso riusciamo a capire—o quasi; la presenza di migliaia di persone d’origine italiana ed i loro costumi, cibi e i nostri istituti di cultura, ecc… Insomma tutti questi elementi rendono la visita ad Antigua molto familiare. Ho quasi dimenticato dire che il presidente attuale di Guatemala sia un medico d’origine (e di cittadinanza) italiana: Alejandro Giammattei. A causa della sua preparazione professionale e al fatto che non vuole che il virus si estenda nel paese, ha subito sviluppato un piano per contenerlo e ben prima che ci fosse nemmeno arrivato. Prima che un caso fosse conosciuto, le mascherine sono state obbligatori e c’è stato un coprifuoco quotidiano dalle ore 16 (poi cambiato dalle 17) fino alla mattina dopo, e la chiusura totale ogni weekend di tutto da venerdì pomeriggio fino a lunedì mattina—e se uno non segua queste regole di base può essere multata di 150,000 Quetzales (cioè $20,000 USD) e la polizia è dietro ogni angolo almeno ad Antigua per controllare la gente. Ogni volta che volevamo entrare in un negozio d’alimenti oppure in una farmacia già alla soglia della porta ci davano del gel per disinfettare le mani, misuravano le nostre temperature, solo una persona alla volta poteva entrare, e mettevano uno spray dappertutto sulle nostre scarpe per ammazzare l’eventuale virus per terra. Quando siamo partiti alcuni giorni fa non si poteva ancora attraversare le frontiere di una regione ad un’altra e il trasporto pubblico era ancora fermo dall’inizio di marzo. Giammattei parla al popolo ogni domenica sera in televisione e quindi sapevamo della crisi nel paese e nel mondo dagli occhi di un medico che vuole evitare il contagio. Si, sto parlando d’un paese considerato “limitato” oppure “del terzo mondo” per molte cose ma per il rispetto per la salute e per salvare vite, ci siamo sentiti ben più sicuri ed avanti qui rispetto a molti altri paesi, grazie ad un piano nazionale seguito da tutti per legge. Qui a causa delle precauzioni seguite (e che in alcuni esempi si assomigliano alla situazione in Italia con i coprifuochi, ecc.) la curva è sempre rimasta piccola e piatta. Fino ai primi giorni di giugno la Guatemala ha perso circa cento persone—una tragedia di sicuro—ma una cifra che non ha nulla a che fare con altri posti “avanzati” che conosciamo. Malgrado il lockdown in effetto da tutti i tre mesi in cui ci siamo stati, siamo riusciti a conoscere e a fare tante cose: abbiamo potuto visitare Antigua (almeno per strada da lunedì a venerdì in orari precisi), abbiamo conosciuto alcuni tessitori indigeni affascinanti che lavorano di giorno per strada, ed in albergo abbiamo imparato molto della cucina e della cultura maya e guatemalteca, e abbiamo stretto amicizie con diverse persone che lavoravano lì. Nel frattempo mia figlia come mio nipote hanno seguito le loro lezioni online per concludere l’anno scolastico, mia sorella è riuscita a dipingere tanti quadri basati sulla vita popolare guatemalteca, ed io sono riuscita ad insegnare italiano tramite Zoom alla SLU e a concludere il semestre in modo quasi normale. Ho scritto qualche comunicato stampa per mia sorella per le sue prossime mostre, e stavo finendo di scrivere un libro su una protagonista bolognese. Passando del tempo in Guatemala ci ha fatto vedere un modo di vivere più semplice, un modo che ci dà speranza nel ritorno ad una vita più semplice per tutti, ad una vita più legata alla natura, una più in armonia con l’ambiente ed insomma una vita molto più rispettosa verso le risorse preziose della terra—com’è pure vissuta dagli italiani soprattutto in campagna e nel meridione (e una volta dappertutto) dove le famiglie sono orgogliose dei loro orti e dei loro prodotti fatti a mano e in casa e dove si spreca ben poco che viene regalato dalla natura. Malgrado la pandemia vissuta in un posto sconosciuto prima, ci siamo riusciti a sentirsi tutti molto bene e “a casa” grazie alla gentilezza della gente locale, alla comprensione del presidente italo-guatemalteco che si comporta in modo efficace, alla buona cucina sana e naturale (e spesso italiana), al clima perfetto, alla vita che si assomigliasse visualmente molto all’Italia, e forse soprattutto alla semplicità—e sarebbe una semplicità che non è per nulla un passo indietro ma un passo ben più avanti rispetto alla realtà di molti posti considerati “avanzati” nel mondo. ¡Gracias para la atención y hasta luego…espero!
2 Comments
Franco Giannotti
8/25/2020 09:39:10
Bell'articolo e un esperienza fenomenale che ti invoglia a farla tua
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Nerina Giannotti
8/25/2020 09:47:23
Complimenti. mi hai fatto conoscere una cultura diversa e molto interessante. Grazie!
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AuthorsGiovanna Leopardi Year
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